IL BURRO, SE LO CONOSCI LO MANGI
Il burro è uno dei protagonisti della
cucina tradizionale italiana, soprattutto nordica. È un grasso, e ho già
illustrato perché da un punto di vista biochimico i grassi non fanno
ingrassare. In soldoni non ingrassa perché non stimola la produzione di
insulina, anzi, al contrario, il burro – come tutti i grassi – attiva la
sintesi del glucacone, un ormone dimagrante. Sento già sollevarsi un coro di
proteste: “Ma questo è matto, il burro è
ipercalorico!”. Vi ricordo che la Caloria
è una bufala®. Il nostro corpo è un laboratorio
biochimico, NON è un laboratorio
termodinamico, quindi risponde alle leggi della biochimica e non a quelle
della termodinamica. Solo se usassimo il burro come combustibile nel caminetto
sarebbe corretto usare la caloria come unità di misura dell’energia termica che
sprigiona quando viene bruciato. Ho già spiegato ne La Rivoluzione dimagrante
perché non aumenta il colesterolo, ma non voglio ripetermi, quindi correte a
leggervi quelle pagine finché non avrete scalzato dai vostri cervelli questa
paura che vi hanno inculcato. Il sapere
rende liberi, diceva Socrate. La
conoscenza elimina il senso di colpa, dico io. Ve lo spiego: al solo
pensiero di mangiarvi la panna montata o il burro vi sentite terrorizzati e
aprite un conflitto con voi stessi, soprattutto le donne. “Lo mangio o non lo mangio?” “Oddio
perché l’ho mangiato!” e vi assale il senso di colpa che perdura tutta la
giornata. Io vi insegno perché la panna e il burro fanno dimagrire, non alzano
il colesterolo, ecc. così li mangiate con gusto e felicità e il senso di colpa,
come per incanto, svanisce.
Il burro, se di qualità, è un grasso
nobile al pari dell’olio extravergine d’oliva. La qualità del burro dipende dal
tipo di lavorazione utilizzato per ottenerlo, procedimento che, in Italia, non
è obbligatorio specificare in etichetta. Questo però non toglie che il burro di
qualità superiore sia quello ottenuto per “centrifugazione” del latte a bassa
temperatura. Un altro tipo di burro è quello chiamato “burro di affioramento”, che
si ottiene come sottoprodotto di alcuni formaggi dall’affioramento spontaneo
del grasso. Il latte staziona in celle a temperature più alte, tra i 12 e i 22
°C, per circa 12 ore, tempo nel quale la parte grassa più leggera “affiora” e
si separa dal siero che viene usato per produrre il formaggio. Questo processo
avviene in tempi lunghi e non a basse temperature, fattori che portano al
notevole inacidimento della crema di latte e che ne aumentano la carica microbica.
Questo burro richiede quindi ulteriori trattamenti industriali per contrastare
l’acidità (per esempio, soluzioni alcaline) e abbattere la carica microbica. La
legge italiana consente di utilizzare sostanze chimiche se le stesse sono
ammesse nella produzione dei formaggi. Nell’orgogliosa patria del Parmigiano
Reggiano, del Grana Padano e di altri ottimi formaggi prodotti per
affioramento, più della metà del burro è ottenuto con questa tecnica. Il latte
di partenza a volte è ottimo, ma questo non garantisce che anche il burro lo
sia. Di qualità inferiore, poi, c’è il “burro di siero”, ottenuto non
direttamente dal latte ma dal siero rimasto dopo la produzione del formaggio.
La legge consente di miscelare il burro di siero con gli altri tipi. Comprare
un burro da centrifugazione non è garanzia in assoluto di maggiore qualità. Potrebbero
essere stati aggiunti degli additivi, sale incluso, e allora, nonostante
l’altissimo contenuto di grassi, questo burro giocherebbe scherzi in termini di
aumento di peso. Ai miei cadetti insegno, nei miei corsi di cucina in chiave
biochimica, a farsi il burro da sé. Ci vogliono pochi minuti, il risultato è
eccellente e i sensi di colpa svaniscono.
Dr.Lemme